prima pagina pagina precedente


MONZESI
Luigi Angeli
Intervista di Carlo Vittone sul  libro MONZESI - cinquanta personaggi della città


Luigi Angeli    Nato ad Amandola (AP) nel 1926, sposato con una figlia dalla quale ha avuto due nipotini. Frequenta il Liceo classico di Macerata, dal quale viene espulso nel 1943 per attività clandestina antifascista. Segue un'intensa attività tra le file partigiane, per la quale verrà decorato con medaglia di bronzo al valor militare e riconosciuto invalido di guerra. Si laurea in giurisprudenza all'Università di Macerata e nel 1957 si trasferisce a Monza. Qui apre un noto studio legale, in collaborazione con altri professionisti, e si distingue come autorevole civilista e penalista. Nei primi anni '60 è consigliere comunale del PCI, ma deve dimettersi per incompatibilità quando viene chiamato alla carica di vicepretore onorario presso la Pretura di Monza. Cofondatore e primo presidente della Banca Poplare di Monza e della Brianza. Consigliere dell'Ordine degli Avvocati e procuratori di Monza, ne è anche stato eletto presidente. Attualmente continua a praticare la professione, anche se in forma ridotta.

foto di Fabrizio Radaelli


Quando lo incontriamo e lo definiamo “il decano” degli avvocati monzesi, rifiuta questo appellativo perché “ci sono alcuni colleghi più anziani di me”. E quando gli ribattiamo che comunque potrebbe essere “uno” dei decani ci risponde con un sorriso: “tra noi non esistono “i decani”, ne esiste uno solo e quello non sono io”. Beh, mettiamola così: è uno dei più noti avvocati monzesi, con una lunghissima carriera e una grande esperienza di cose locali.

Sì, questa è una definizione che si può accettare. In effetti ho superato i cinquant'anni di professione,quarantacinque dei quali svolta a Monza. Arrivai qui nel 1957 su suggerimento di un mio conterraneo, l' avvocato e poi anche deputato monzese Aldo Buzzelli, col quale condivisi lo studio per parecchi anni.

E come ricorda il Suo arrivo a Monza?

Beh, Monza all'epoca aveva circa 55 avvocati, oggi sono quasi 1500. All'epoca l'ambiente professionale era molto più raccolto, quasi familiare, ci si conosceva tutti.

E come venne accolto?

La Monza di quegli anni era una città piuttosto chiusa e conformista, politicamente democristiana. Io provenivo dichiaratamente da una famiglia di estrema sinistra, avevo fatto la Resistenza, era nota la mia militanza comunista. E così venni a sapere che tra gli industriali locali girava la voce di non rivolgersi al mio studio, che pure era uno dei migliori. E quando volli iscrivermi a uno dei più noti ed esclusivi club della città e cominciai a frequentarlo, all'inizio sentii un fondo di diffidenza.

Una mosca bianca?

Sì, almeno nei primi tempi. Da un lato entravo a far parte della “Monza bene”, dall'altro vi era sempre un po' di sospetto nei miei confronti sia per le mie idee che per la mia condizione di “forestiero. Anche se comunque ero sempre rispettato, ed acquistai la simpatia della maggioranza dei soci, tanto che, per più di quindici anni, venni eletto consigliere e per alcuni periodi ricoprii anche l'incarico di vicepresidente. Ma ormai sono passati più di quarant'anni da allora e pur venendo da fuori oggi mi sento pienamente monzese e totalmente integrato nella vita della città.

E la sua esperienza politica?

Oh, fu molto breve. Venni eletto consigliere comunale, ma dopo due anni lasciai l'incarico perché ero stato nominato “vicepretore onorario” alla Pretura di Monza e sarebbe nato un problema di incompatibilità. Inoltre ero assorbito dal lavoro che mi lasciava poco tempo libero per altre occupazioni. Cercavo sempre di approfondire la mia preparazione ed ho scritto almeno una ventina di articoli che vennero pubblicati su importanti riviste come “Il foro italiano”, “Giurisprudenza italiana” e altre ancora. Ma professionalmente negli anni successivi ho anche trattato molte cause che toccavano la vita politica della città.

Per esempio?

Ho rappresentato la parte civile nel processo per le tangenti alla Centrale del Latte municipale e ho assunto la difesa di molti imprenditori concussi all'epoca della Tangentopoli monzese.

Quindi ha goduto di un osservatorio privilegiato su quegli anni. Quale la Sua impressione?

Credo che le indagini siano state svolte in modo decisamente corretto e sereno. Le sentenze di colpevolezza poi hanno “retto” in appello e sono state confermate dalla Cassazione in quasi tutti i casi.

Ma il fenomeno è stato estirpato?

No, nell'amministrazione pubblica il fenomeno delle tangenti non è mai cessato e anche alcuni recenti fatti lo confermano. Non mi riferisco ovviamente a Monza in particolare, ma all'intera situazione nazionale. La lotta alla corruzione è' una battaglia dove occorre una vigilanza attenta e continua.

Poi per Lei è venuta l'esperienza della Banca Popolare.

Sì, quando la fondammo il mercato bancario era molto redditizio. C'erano almeno 10 punti percentuali di differenza tra prestiti attivi e passivi e dunque c'era spazio per un'operazione di quel tipo.

Fu solo un'operazione economica o vi proponevate anche finalità sociali?

Beh, la redditività economica è fondamentale, perché altrimenti avremmo chiuso dopo pochi mesi. In realtà volevamo anche realizzare un istituto bancario autonomo e strettamente collegato alle attività della nostra zona. Una banca piccola e perciò più attenta alla realtà sociale, costituita, del resto, nella forma di cooperativa.

E se la definissero un “banchiere comunista”?

(sorride) Mah, non lo so. Ritengo le due cose entrambe importanti ma assolutamente separate e distinte, come il cielo e la terra, come l'acqua e il fuoco.

Carlo Vittone


in su pagina precedente

 11 ottobre 2003